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Incrocio Manzoni «Nina» 2009 Ca di Rajo

Dom, 20/11/2011 - 17:26 - Flavio Grassi
Flavio Grassi presenta il Nina 2009

 

Oggi parliamo di Manzoni. Non quello dei «Promessi Sposi». E nemmeno l'artista dell'avanguardia concettuale dei primi anni Sessanta. Quello che ci interessa ora è Luigi Manzoni. Dal 1933 al 1958 è stato preside della Scuola enologica di Conegliano e anche lui era un autore e un creativo. Solo che invece che poesie e romanzi, Luigi Manzoni scriveva pubblicazioni scientifiche e, soprattutto, creava uve. La sua passione era sperimentare incroci fra diverse varietà di vite per ottenere nuovi vitigni migliori di quelli allora in uso nei vigneti veneti. Un lavoro complicato, che richiede una pazienza infinita. Perché tutte le uve da vino sono varietà di una unica specie botanica, la vitis vinifera. Ma poi all’interno di ogni varietà o vitigno, chiamiamolo come vogliamo, - come sangiovese o verdicchio, per dire - ci sono miriadi di sottodivisioni, i cultivar o cloni come vengono più spesso chiamati. Varianti che non vediamo mai specificate sulle etichette ma che possono avere caratteristiche anche notevolmente diverse fra di loro. Volendo sperimentare nuovi incroci non basta mettere insieme - che so, un nebbiolo e un barbera qualsiasi. Bisogna tener conto dei precisi cloni che si incrociano perché i risultati possono essere molto diversi. E poi bisogna armarsi di molta pazienza perché prima di poter vedere il risultato finale, cioè il vino, passano almeno quattro o cinque anni. Considerate le premesse, il fatto che in una decina di anni di esperimenti il professor Manzoni sia riuscito a ottenere tre vitigni che vale davvero la pena di coltivare è stato un successo straordinario. In particolare uno dei suoi incroci è sempre più diffuso non solo nella zona del Trevigiano ma anche in altre parti d’Italia. È quello che, con il suo sistema di numerazione lui aveva schedato come 6.0.13 e che oggi spesso troviamo sulle etichette, oltre che con questa sigla, anche semplicemente come «Incrocio Manzoni» o «Manzoni Bianco». È un incrocio fra riesling renano e pinot bianco e riesce a dare vini che offrono il meglio di queste due varietà. Vini bianchi eleganti, profumati e corposi. In enoteca ne troviamo diversi che vale la pena di comprare, ma questo Nina 2009 di Cà di Rajo è un esempio particolarmente interessante e ben riuscito. L’etichetta ci dice che è fatto con uve surmaturate in pianta. Vuol dire che i grappoli sono stati vendemmiati qualche giorno più tardi del normale, quando gli acini cominciavano già ad appassire. In questo modo si ottiene una maggiore concentrazione degli zuccheri, diminuisce la naturale acidità della polpa e si innescano altre reazioni molto complesse. Il risultato è un vino con un profumo molto intenso e complesso. Ci sentiamo note di frutti tropicali come l'ananas e sfumature di albicocca, fiori bianchi e anche un accenno di salvia. In bocca poi lo troviamo corposo, sapido, con una bellissima sensazione di equilibrio complessivo, di nuovo con aromi intensi e persistenti. Insomma, un ottimo vino che si fa notare per complessità e per originalità.